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Reintegrato il lavoratore, in regime di jobs act, licenziato per mancato superamento della prova se il relativo patto non contiene l’indicazione specifica delle mansioni ma solo un’insufficiente rinvio al ccnl.
giovedì 18 agosto 2022
BY FILIPPO AIELLO
Tribunale di Roma, sent. 28-02-2022 n. 1836, Est. Emili, S.M. (avv. F. Aiello) c. I.I. S.p.A. (avv. S. Carloni)
Con ricorso innanzi al Tribunale di Roma un lavoratore, assistito dall’avv. Filippo Aiello, ha convenuto in giudizio il proprio datore di lavoro che l’aveva licenziato per mancato superamento del periodo di prova contestando, preventivamente, la validità del patto di prova apposto al contratto a tempo indeterminato intervenuto fra le parti per carenza di specificità dell’oggetto dell’esperimento e, per l'effetto, ha chiesto l’applicazione, in via principale, della sanzione reintegratoria.
La società, nel costituirsi in giudizio ha sostenuto che il patto di prova concordato tra le parti era pienamente idoneo ad individuare le specifiche mansioni assegnate al lavoratore in quanto indicava la qualifica di “Tecnico commerciale” con inquadramento nell’8° livello del CCNL Metalmeccanici settore, figura tipica delle società informatiche e ben delineata secondo la terminologia propria di questo settore in particolare come da indicazioni delle società di recruiting.
Il Tribunale di Roma ha osservato che la clausola della prova assolve alla funzione di consentire alle parti la sperimentazione del rapporto, ma è anche evidente che, affinché ciò possa avvenire, devono essere indicare i fatti su cui si fonderà la valutazione del loro gradimento. In questa prospettiva, come rilevato dal Giudice, è essenziale individuare l'esatta prestazione cui è tenuto il lavoratore in quanto, affinché un esperimento possa dirsi efficacemente espletato dal lavoratore e legittimamente valutabile dal datore di lavoro, esso deve vertere in concreto su mansioni specificamente indicate nel contratto.
Vista la genericità della formulazione contenuta nel contratto di lavoro il Tribunale ha esaminato il rinvio al contratto collettivo che, in generale, può ritenersi legittimo solo a condizione che esso consenta di determinare chiaramente la prestazione esigibile.
Il Tribunale ha evidenziato che il rinvio per relationem alle declaratorie del contratto collettivo deve consentire la definizione delle mansioni non essendo sufficiente un semplice riferimento alla categoria lavorativa, dovendo, invero, consentire la identificazione ex ante delle mansioni di concreta attribuzione del lavoratore anche per la successiva verifica della effettiva ragione del licenziamento. Né, rileva il Giudice, potrebbe affermarsi l’utilità di un riferimento a diverse fonti se non richiamate nel patto originario come ad esempio alle indicazioni delle società di recruiting invocate dalla società in giudizio.
Considerato che, nel caso di specie, si era al cospetto di un rinvio al contratto collettivo connotato da assoluta genericità ivi rivenendosi solo declaratorie generali del tutto insufficienti allo scopo il Tribunale ha dichiarato nullo il patto di prova intervenuto fra le parti.
Ciò posto il Giudice ha evidenziato che il licenziamento intimato sull'erroneo presupposto della validità del patto di prova deve considerarsi affetto da nullità genetica del patto accidentale contenuto nel contratto individuale e, pertanto, soggetto all'applicazione della disciplina limitativa dei licenziamenti, essendo la motivazione manifestata del tutto inidonea a costituire giusta causa o giustificato motivo di licenziamento. Infatti la possibilità di recedere ad nutum diviene solo apparente, qualora l’oggetto della prova non sia sufficientemente specificato.
Rilevato che il lavoratore era stato assunto successivamente al 7/3/2015 ha applicato l’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23/2015 e, quindi, la tutela reintegratoria attenuata.
Ciò perché deve essere valorizzato il venir meno della giustificatezza del licenziamento, in quanto il recesso non appare focalizzato sulle ipotesi di cui all’art. 3 L. n. 604/1966, ma soltanto sul mancato superamento del patto di prova. Il Tribunale ha ritenuto appropriato il richiamo ai casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, in quanto, l'atto risolutivo del rapporto risultava sfornito di giustificatezza nella sua massima accezione, essendo un licenziamento ad nutum al di fuori delle ipotesi consentite che, nella sostanza, doveva essere ricondotto alla sfera soggettiva del lavoratore.